mercoledì 8 febbraio 2012

Le Cromie Danzanti di Monia Romanelli al teatro Morlacchi di Perugia


Sarà ufficialmente inaugurata sabato 11 febbraio alle ore 17,00, presso il teatro Morlacchi di Perugia, l’esposizione di arte contemporanea di Monia Romanelli.
“Cromie Danzanti”, questo il titolo della mostra che si avvale del patrocinio del Comune di Perugia, della Fondazione Perugia Assisi 2019 e presentata dalla giornalista e critica d’arte Sonia Terzino.
All’evento prenderanno parte, tra gli altri, l’Assessore alla cultura del Comune di Perugia Andrea Cernicchi ed il flautista Andrea Ceccomori.
Monia Romanelli, dopo essersi laureata con ottimi voti in lingue e letteratura straniera presso l’Università degli Studi del capoluogo umbro, fin dal 1998 opera nel panorama dell’arte contemporanea. Varie le tecniche ed i supporti sperimentati dalla creativa nel corso degli anni, come l’olio, l’acrilico, fino ad arrivare agli ultimi lavori realizzati con un mix di acrilico, olio e gesso su tela e legno.
Oltre venti le tele che presenta in questa sua personale che raccontano il cammino da lei svolto in questi anni.
Monia torna nel fantastico mondo dell’arte con lavori inediti, mai presentati prima al grande pubblico.
La sua è una pittura che trova il punto di forza nel colore, che nel corso del tempo è divenuto sempre più predominante ed intenso.
E’ dalle cromie che prendono vita le sue creazioni.
In queste ultimi lavori il colore diviene l’elemento basico del quadro, dai rossi intensi, dall’oro, dai gialli, dai blu, che sono poi le tonalità preferite fuoriescono papaveri, margherite, ma anche una flora marina, onirica, che porta l’osservatore nel mondo infinito del sogno e dell’immaginazione.
Sono mondi fantastici e surreali quelli cui Monia ogni volta attraverso mille pennellate di colore riesce a dare vita.
La mostra si potrà visitare fino al 31 marzo con ingresso gratuito

Sonia Terzino

Ufficio Stampa

venerdì 3 febbraio 2012

Il San Giuseppe da Leonessa di Massimo Bigioni


Sarà donata dall’artista Massimo Bigioni alla Confraternita dei frati cappuccini di Leonessa un imponente opera d’arte che il pittore ha realizzato in onore del Santo Patrono della città. La cerimonia si terrà presso il Santuario di San
Giuseppe nella notte di venerdì 3 febbraio. Così nella grande chiesa che racchiude le spoglie del Santo, accanto agli affreschi di Giacinto Boccanera e dell’architetto Virginio Monti, ci sarà anche la tela del pittore leonessano. Un grande ed indissolubile amore lega la popolazione locale alla figura di San Giuseppe, e Bigioni figlio della sua terra ha voluto con questo lavoro rendere omaggio al Santo Patrono. Una pittura di altri tempi quella di Massimo che trova il suo punto di forza proprio nella rappresentazione dell’arte sacra. Il creativo, come gli artisti di epoche remote, trae ispirazione per le proprie creazioni dalle pagine più belle della bibbia e delle vite dei Santi. Sono tempi lontani che grazie a Bigioni tornano a risplendere su opere imponenti di grande valore sia stilistico che morale. Massimo, da sempre è animato da una profonda fede, da valori genuini che lo portano con magistrale capacità ad interpretare temi di grande valenza spirituale. Davanti a lui al suo modo di lavorare, di interpretare la pittura il pensiero corre alle botteghe d’arte del cinquecento e del seicento italiano, tornano alla mente le creazioni del Perugino, di Raffaello, di Michelangelo. Era l’epoca in cui l’arte aveva un valore spirituale assoluto e così gli artisti cantavano il loro amore per il Signore. Bigioni, sembra uscito da una di quelle botteghe, compagno di avventura di quei maestri animato dal desiderio di poter realizzare lavori che si accordano alle note dell’immortalità. Anche se la sua arte trova ispirazione nelle opere di Caravaggio, e del Murillo, dai quali riprende la forza, l’espressività della figura che tuttavia da lui viene ingentilita . Il suo sguardo diventa lucente ogni volta che varca la soglia di un santuario, di una chiesa, sia che sia una pieve di campagna o una grande cattedrale, la sua mente si perde tra quei dipinti, in quelle creazioni come a voler apprendere qualcosa da ognuno di loro.
Artista dall’animo puro, di una impalpabile sensibilità, un uomo che ha conosciuto sofferenze e sconfitte ma alle quali la vita gli ha regalato la capacità di riscattarsi proprio attraverso l’ arte.
Nasce così l’ultima fatica di Massimo, figlia in primis del suo amore per San Giuseppe da Leonessa, quel Santo che già in vita ha fatto tanti miracoli e conosciuto anche per le sue doti taumaturgiche. Fin dagli esordi nel campo dell’arte, Bigioni ha sempre desiderato realizzare un’ opera che rappresentasse il patrono della sua città. Non era importante per lui il posto dove fosse collocata, ma l’essenziale era che per i devoti fosse un’immagine davanti cui pregare. Osservando questo lavoro ci torna alla mente la Madonna del Parto di Piero della Francesca, e come il pittore toscano anche Bigioni ha visto prima l’uomo e poi il Santo in Giuseppe. Massimo ha voluto rappresentare una figura rassicurante, in cui ogni pellegrino, ogni credente può trovare conforto. Tra le calde cromie degli ocra, dei colori della terra, si erge la figura del Santo immortalato nel momento della sua liberazione in terra di Costantinopoli. San Giuseppe era un temerario, dopo aver preso i voti nella confraternita dei frati cappuccini, partì per le missioni arrivando fino a bussare al palazzo del re dei turchi, qui venne fatto prigioniero e per tre giorni tenuto appeso con una corda per un braccio ed una gamba fino a quando non fu liberato. Massimo con i suoi pennelli ha voluto raccontarci proprio questo momento, dove il Sacro arriva in aiuto dell’umano. Nel volto di San Giuseppe si vedono sia la paura , l’orrore per il pericolo scampato ma anche la temerarietà di chi non si arrende. E’ in questa capacità profonda, introspettiva, psicanalitica che si contraddistingue la pittura del creativo di leonessa. Negli occhi del Santo leggiamo come tra le pagine di un libro passato, presente e futuro, in quello sguardo fiero è racchiuso tutta la forza di una fede indissolubile che può sconfiggere re ed imperatori e spostare le montagne. Massimo non disdegna di dare ai suoi santi alle sue madonne i volti della sua gente è tra di loro, tra gli anziani che siedono sulle panchine, nei bar, tra la gente che vive in quei paesi di montagna che trova ispirazioni per le sue figure. Non vi è confine nei lavori di Massimo tra terra e cielo, dona ai suoi santi le sembianze umane e negli uomini scopre tutto il mistero del divino. Forse questa è una delle tele più intense che Bigioni ha realizzato, non solo ha intinto i pennelli nel cuore, ma ha voluto che il suo stesso sangue scorresse nell’opera. Di magistrale pathos la rappresentazione dell’angelo, un giovane ragazzo dal volto candido, dai tratti delicati che arriva in aiuto del fraticello a terra. Una grande preghiera che sgorga direttamente dal cuore e che Massimo dedica a San Giuseppe da Leonessa che sente così profondamente dentro se stesso.
Sonia Terzino